di Stefano Loconte e Nicola Alvaro

Mario, imprenditore di mezza età, sta pianificando la propria successione e vuole lasciare parte della propria ricchezza finanziaria ai propri nipoti, ancora minorenni. Paolo, professionista single senza ascendenti in linea diretta, vorrebbe che la propria collezione d’arte sia un giorno esposta presso un museo privato finanziato con i proventi del proprio patrimonio mobiliare. Giovanna vorrebbe invece che il capitale ereditato dai propri genitori, e investito in modo diversificato, possa permettere un giorno ai suoi figli di potergli garantire lo stesso standard di vita evitando che il patrimonio sia dilapidato quando non ci sarà più.
 
Nomi comuni, ma casi concreti, che quotidianamente sono sottoposti a chi si occupa di pianificazione patrimoniale e successoria, e che sempre più spesso sono risolti con la combinazione di due tool dotati di estrema flessibilità ed ottimizzazione fiscale.
 
Si fa riferimento all’unione tra l’assicurazione sulla vita (per quanto qui interessa, caso morte a vita intera) e il trust (nella c.d. struttura stand-by) in cui la polizza viene stipulata sulla vita del titolare del patrimonio mobiliare ed a favore di un terzo, ossia di un trust “dormiente” (o come anche definito nel mondo anglosassone, contingent trust) che potrà avere dei beneficiari designati, come nel caso di Mario e Giovanna, ovvero perseguire determinate finalità (c.d. di scopo), come nel caso di Paolo.
 
In questa tipologia di struttura, l’assicurazione sulla vita – nella sua veste di polizza di investimento assicurativa[1] – viene utilizzata quale strumento di pianificazione successoria del patrimonio mobiliare che sarà trasferito per diritto proprio (o iure proprio) al beneficiario trust (o meglio al disponente, o trustee, per conto del trust) in totale esenzione dall’imposta di successione e donazione. Ma oltre al risparmio d’imposta, ci sono ben altri vantaggi che lo strumento polizza è in grado di far apprezzare ai suoi contraenti ancor prima del verificarsi dell’evento assicurato.
 
Innanzitutto la sua semplicità sia in fase di sottoscrizione che di successivo utilizzo. Oltre al requisito della forma scritta del contratto (ai sensi dell’art. 1888 cod.civ. e della normativa di riferimento applicabile), non sono previsti altri adempimenti in capo al sottoscrittore per l’emissione della polizza e per la sua successiva gestione (no a scritture private autenticate o atti pubblici, assenza di formalità pubblicistiche). Il contraente potrà, inoltre, designare e modificare i beneficiari di polizza in qualsiasi momento prima del verificarsi dell’evento assicurato (ad esempio, per intervenuta modifica del trustee o dello stesso trust), ma anche cedere o mettere a pegno i diritti rinvenienti dalla polizza in favore di un istituto di credito per garantire l’accensione di un finanziamento.
 
Lo strumento, inoltre, consente di poter pianificare l’investimento del patrimonio con la massima flessibilità, essendo possibile modificare il “profilo di rischio” della polizza (e pertanto la composizione degli investimenti) nel rispetto dei presidi di suitability previsti dalla normativa sia finanziaria che assicurativa, sino a raggiungere la sua massima espressione con le polizze di private insurance che offrono un’architettura più aperta in termini di eligible assets e di possibilità di investimento. E tutto questo sempre con un occhio all’efficienza sui rendimenti di polizza generati dall’ottimizzazione fiscale riconosciuta ai contratti assicurativi vita e che si individuano, a titolo esemplificativo, nella compensazione delle minusvalenze (sino a cessazione del contratto), nella deduzione dei costi e delle commissioni applicate, nonché nel differimento della tassazione  che avrà luogo non  in circostanza del singolo investimento/disinvestimento, o di switch tra i fondi sottostanti, ma soltanto al momento del pagamento della prestazione assicurativa al trust o in occasione del riscatto, parziale o totale, del valore di polizza. Way-out, quest’ultima, comunque riconosciuta al contraente e che gli permette di poter estinguere, parzialmente o totalmente, il contratto.
 
Di non secondaria importanza anche l’aspetto della resilienza da “aggressioni” esterne al patrimonio investito. Infatti eventuali azioni revocatorie dei creditori e/o di riduzione/restituzione avanzate dagli eredi legittimi del contraente sono limitate ai soli premi pagati (i rendimenti di polizza sono esclusi) (art. 1923, comma 2, cod.civ.), mentre le somme dovute dall’assicuratore ai contraenti o beneficiari di polizza non possono essere sottoposte ad azioni esecutive o cautelari (art. 1923, comma 1, cod.civ.). E quando incassate per diritto proprio dal trust permetteranno di rafforzarne ulteriormente l’elemento protezione in virtù delle proprietà “segregative” riconosciute a quest’ultimo.
 
Il trust, infatti, consente di ottimizzare l’effetto segregativo e di efficientare il programma di pianificazione voluto, nell’ottica della tutela dei beneficiari eliminando il rischio che le somme investite in polizza vengano assegnate al o ai beneficiari della medesima polizza in un momento storico non opportuno e/o idoneo; l’evento morte previsto dall’assicurazione sulla vita non è, infatti, un elemento che è possibile “governare” a priori e la compagnia assicurativa, al realizzarsi di tale evento, non può non procedere alla liquidazione delle somme in favore dei beneficiari della polizza che, divenuti pieni proprietari di tali attivi, potrebbero legittimamente disattendere il programma inizialmente voluto dall’originario titolare del patrimonio.
 
Il trust, all’opposto, consente di evitare questo rischio e di raggiungere pienamente i desiderata degli iniziali sottoscrittori della polizza. Sarà sufficiente, come innanzi ricordato, che i disponenti costituiscano sin da subito un trust, ben definendo il programma di gestione e gli obiettivi da essi voluti con riferimento all’interesse dei figli o nipoti – mantenimento di un adeguato tenore di vita o erogazioni al raggiungimento di un’età predeterminata – o con riferimento a specifici beni – la destinazione della collezione d’arte ad esposizione nel museo privato -, e che individuino tale trust come beneficiario della polizza assicurativa oltre che come destinatario per testamento – o per precedente attribuzione – delle opere d’arte.
 
Al realizzarsi dell’evento assicurato, la compagnia assicurativa provvederà ad erogare le somme in favore del trust che, a quel punto, continuerà ad amministrarle e gestirle nell’interesse esclusivo dei beneficiari ed in ottemperanza al piano predeterminato dai disponenti. La gestione di tali attivi da parte del trust sarà completamente elastica e potrà andare dall’erogazione in favore dei beneficiari di somme una tantum per venire incontro a specifiche esigenze (i.e. studi e formazione, interventi chirurgici, matrimonio, etc.) piuttosto che rendite periodiche finalizzate a garantire il mantenimento di un adeguato tenore di vita. Il tutto, nel rispetto del vincolo di segregazione rispetto al patrimonio dei medesimi beneficiari: essi, infatti, non saranno i proprietari delle somme e dei beni in trust e, conseguentemente, i beni in trust saranno completamente indifferenti rispetto alle vicende giuridiche della loro vita.
 
Così operando, si effettuerà la creazione di un patrimonio che non risulterà di proprietà dei beneficiari ma che risulterà a servizio delle loro esigenze. Un meccanismo che potrà essere perpetuato in favore dei discendenti dei medesimi beneficiari, che potrebbero essere individuati quali beneficiari successivi al venir meno dei primi beneficiari, e così via per tutte le generazioni successive.
 
Peraltro, l’unitarietà del patrimonio perpetrata nel tempo eviterà la dispersione di valore che sovente si realizza nei fenomeni di frammentazione, tipici della c.d. “deriva generazionale”, e, oltretutto, eviterà che il medesimo patrimonio finisca nella titolarità di soggetti che per indole o problemi di varia natura possono essere non idonei alla sua gestione.

 
[1] In base alla nuova nomenclatura dettata dalla normativa IDD/MiFID II, tra i prodotti di investimento assicurativo vanno ricomprese le polizze di ramo I, III e V mentre resta ferma la definizione di prodotti “finanziario assicurativo” nelle quali sono ricomprese le polizze di ramo III e V.